La pace, se verrà

I bombardamenti su Kyiv e l’assedio di Gaza sono la dimostrazione drammatica che si fa presto a dirsi pacificatori ma arrivare alla pace è tutt’altro.

Si susseguono in rapida successione, annunci di colloqui e ipotesi di tregua che si rivelano poi difficili alla prova dei fatti, di un conflitto che, per la sua ampiezza, si inserisce in una geometria dove ogni pausa , ogni proposta, ogni ipotesi di tregua, viene letta non solo per quanto afferma ma anche per ciò che omette o implica o sottintende.

Nella guerra in Ucraina è arrivato alla fine il momento della verità e i missili su i civili nelle città ucraine di queste ore, chiariscono definitivamente l’equivoco di una supposta disponibilità di Putin a fronte di una atteggiamento di appeasement la cui assenza veniva rimproverata dalle voci filorusse particolarmente insistenti e dilaganti come un virus in modo trasversale nel nostro paese .

Mentre la perseveranza criminale di Netanyahu , sconcerta oltre che per la sua apparente indisponibilità e sordità al confronto, per l’assenza di un fine, di una strategia, di una prospettiva che non sia la semplice occupazione e disarticolazione del mondo palestinese con la guerra spietata ad hamas e quella a bassa intensità dei coloni in Cisgiordania

Ma è chiaro che senza proposte concrete di politiche e soluzioni parziali anche militari e di difesa , per intervenire qui e ora nei conflitti in essere, rimarremmo chiusi nella comfort zone di appelli morali che servono solo a rassicurare i nostri mondi di riferimento e un’ opinione pubblica giustamente impaurita e indignata dal continuo ripetersi di violenze e massacri.

In assenza di una politica di diritto e giustizia internazionale, di un soggetto istituzionale terzo, riconosciuto da tutti, che assuma su di sé, il monopolio e l’uso della forza o anche semplicemente, in grado di imporre una tregua e fermare gli aggressori , riemerge la legge del caos e del più forte.

Ma in conflitti di tale proporzioni: chi è, chi sono i soggetti politici della mediazione? Chi apre le mappe e traccia possibili confini segnati nel suolo con il sangue? chi ha autorità ed autorevolezza per proporre interessi e sicurezze che rendano preferibile la pace alla guerra ?

Oggi in europa, spinti dalla crisi delle relazioni atlantiche e dalla guerra si apre la possibilità di un salto epocale e una vera assunzione di responsabilità verso la creazione di un embrione di struttura politica dell’Unione, a partire dell’esigenza di una politica estera, di difesa e sicurezza comune.

Tuttavia ci vorrà altro , in Germania si e’ sviluppato un dibattito a partire dal libro di un giovane Oly Nymoen 27 anni che ha scritto un pamphlet dal titolo inequivocabile : Warum ich niemals für mein Land kämpfen würde ( Perchè io non combatterei mai per il mio Paese ) una posizione che a leggere i sondaggi è prelevante tra i giovani tedeschi e probabilmente in molti altri paesi europei.

Un libro nel quale l’ autore afferma che “il diritto ad esprimere un opinione , a vivere in libertà , non vale certo il sacrificio della vita “Meglio vivere o essere liberi? l’esistenza o la dignità? l’autoritarismo o la giustizia?

Domande a cui nessuno di noi può dare sinceramente oggi un risposta sincera fino in fondo, a parte i leoni da tastiera,

perché bisognerebbe trovarsi faccia faccia con il pericolo, sotto un occupazione militare o di un regime autoritario e oppressivo , essere davanti al rischio di morire per capire cosa decideremmo , come fecero i nostri nonni nella resistenza e tra le truppe alleate negli anni 40 del novecento.

E’ evidente che non vi saranno mai politiche militari e di difesa sufficienti , se niente è ritenuto degno di essere difeso- Siamo in mezzo ad una lacerante contraddizione che ben spiegava Simone Weil :

” Brutalità e violenza hanno un prestigio immenso. Chi è capace solo di non essere brutale, violento e inumano come il suo avversario , senza esercitare virtù contrarie, non sarà in grado di resistergli”

Quali virtù potremmo onorare ed esercitare? per convincere popoli vissuti in pace 80 anni , del valore di un rinnovato patriottismo europeo , servirà ridare un’anima , una visione ed una speranza ad un progetto politico e sociale pacificante ed aggregante e un idea di futuro.

la violenza non sarà mai risolutiva è la vera soluzione non sarà il sacrificio, ma la compassione e la capacità di riconoscere la fragilità e la natura conflittuale della nostra storia e delle nostre società.

Il disordine e il caos non nascono dalle guerre contemporanee ma vi sono le guerre perché si è disarticolato un ordine internazionale. Non è impensabile ipotizzare una lenta, faticosa graduale ricomposizione di un ordine ma solo se si dipanerà’ un interesse comune e un punto di convergenza per trovare delle risposte.

Ma le violenze continue e ripetute sugli inermi hanno scavato un abisso di odio vendette e risentimento che saranno destinate a protrarsi per generazioni.

Potremo progressivamente assuefarci , potremmo, ma quello che allontaniamo dagli occhi ritornerà e il ritorno del rimosso sarà’ lacerante.

Il processo di civilizzazione che pareva avere interiorizzato le manifestazioni piu aggressive della distruttività umana sembra arrestarsi

Non possiamo rassegnarci che la guerra si consolidi come unico paradigma, essa non e’ un evento naturale, ma razionale, voluto dagli uomini e dagli stati, non e’ caso o follia

Abbandoniamo il velo dell’ ipocrisia, non a caso verita’ in greco antico si scrive alezeia e significa disvelamento : i governi e le forze politiche tutte si stanno nascondendo dietro l’ umanitario e le sue esortazioni, ma non sono delle ong.

Occorrerebbe che assumessero decisioni, dire dei si e dei no, mediare tra interessi, scegliere, imporsi, intervenire, assumendosi i rischi e delle responsabilita’ di fronte agli uomini e per chi crede, a Dio.

Mentre la politica puo’ essere senza guerre, queste esistono solo se e’ la politica a volerle , ne rappresentano il parossistico esito potente e violento ed al tempo stesso il suo fallimento.

Hobbes scriveva – Bellum omnium contra omnes – ogni altro tempo e’ pace.

La scelta e’ solo nostra.


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