Nelle sue Tesi sulla Filosofia della Storia, Walter Benjamin commenta un quadro, un acquerello del pittore Paul Klee, l’Angelus Novus, da lui acquistato nel 1921.
Le Tesi scritte tra il 1939 e il 40, ultima opera di Benjamin che si suiciderà in Spagna temendo di essere consegnato ai nazisti, sono una summa penetrante delle proprie convinzioni storico-filosofiche influenzate dai tempi angosciosi e traumatici del periodo vissuto e da quello che molti definiranno un’interpretazione apocalittica e messianica della storia vista come un ciclo melanconico di disperazione senza fine.
Il quadro rappresenta la figura stilizzata di un angelo con le ali spiegate, che volge però il volto e lo sguardo indietro, per Benjamin questo è l’angelo della storia.
” Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle.
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”
Nella dacia di Viskuli in Bielorussia al confine con la Polonia, nel dicembre del 1991 , 34 anni fa, le allora neo nate repubbliche di Russia , Bielorussia e Ucraina firmarono il cosiddetto Accordo di Belaveža o Accordo di Minsk, con il quale si dichiarava che ” l’URSS come soggetto di diritto internazionale e realtà geopolitica cessava di esistere” , esito finale di un processo disgregativo che il fallito colpo di stato contro il leader sovietico Michail Gorbaciov , accelerò definitivamente.
Gorbaciov pagò l’illusione della riformabilità del comunismo sovietico e del Partito puntando su un ritorno al leninismo delle origini credendo alle leggi del socialismo scientifico, in realtà obbedendo inconsapevolmente alla disincantata analisi di Tocqueville, per la quale quando si prova a cambiare un sistema non libero e segnato profondamente dalle sue rigidità interne, il risultato può essere non il suo miglioramento ma la sua fine .
Va detto che l’occidente allora, non comprese o non volle credere fino in fondo , anche per le debolezze evidenti , al riformismo di Gorbaciov che a fronte di concessioni unilaterali importanti , non raccolse che briciole come contropartita insufficienti a fermare l’ulteriore crisi di legittimità politica fino al crollo finale.
Oggi quei luoghi tra Brest e la foresta di Białowieża, l’area tra Polonia e Bielorussia, sono uno dei punti più sensibili e potenzialmente esplosivi di un nuovo conflitto, conseguenza ed eredità immediata della guerra ucraina.
come il corridoio polacco lituano di Suwalki, che da sempre permette il collegamento tra Mosca e il territorio russo sul Mar baltico europeo l’avamposto di Kaliningrad ( la Konigsberg prussiana, citta natale di Immanuel Kant ) dove dal 2016 , Putin aveva già dislocato i missili kinzhal a testata nucleare puntati contro le capitali europee e poi nel 2022 i supersonici Iskander, missili che ora sta usando contro l’Ucraina,
I paesi baltici, tornate nazioni indipendenti dopo un occupazione durata 50 anni, rientrarono in poco tempo nell’alveo dei processi d’integrazione europea , ma le altri nazioni nate sulle ceneri dell’URSS nascevano mantenendone però il vizio genetico originario , la continuità con il potere e le strutture precedenti e l’impronta autoritaria , governati spesso da regimi dispotici, “democrature” le avrebbe chiamate il compianto Predrag Matvejević , memore della dissoluzione jugoslava.
Entità che hanno rappresentato e rappresentano oggi il simbolo delle occasioni perdute di una trasformazione democratica e liberale, in rimaste e retrocesse o mai superate pratiche politiche , crimini impuniti, ruberie legalizzate e un apatia sociale ampiamente coltivata come instrumentum regni.
Riemersero allora ,scongelate, le pesanti eredità negative dello stalinismo e delle sue politiche delle nazionalità , di popoli e nazioni soppresse, trasferite, deportate , imposte ad altri territori, creando cosi il terreno e il precedente a richieste di rivendicazioni territoriali mai affrontate, basta leggerne l’elenco ( Ceceni, ingusci, cosacchi, tatari di crimea , carachi e molti altri ) , dove le autorità sovietiche hanno continuamente ridisegnato i confini secondo le proprie convenienze politiche, creando abolendo o subordinando le varie repubbliche autonome dell’Urss,
Proprio per questo la storia postsovietica è stata sin dall’inizio una storia di scontri nazionali e guerre civili
la cronologia è impressionante ; la guerra civile in Georgia (1991 1993) in Tagikistan (92-93), i conflitti tra Armenia e Azerbaigian (92-1994 e 2020) , quello in Ossezia, le decennali guerre in Cecenia terminate nel 2009 , l’ Abcazia, la secessione della Trasnistria moldava e via via fino la guerra lampo della Russia contro la Georgia del 2008 , quelle nelle province dell’Ucraina orientale, fino all’annessione della Crimea nel 2014 e l’invasione russa del 2022.
Centinaia di migliaia di vittime, rifugiati interni ed esterni distruzioni di citta , una violenza dilagata che ha bloccato i processi democratici.
Queste guerre, nate già sotto il presidente Eltsin ( che, ricordo an passant , nell’ottobre del 1993 a Mosca prese a cannonate il parlamento russo , la Duma, dove una parte consistente di gruppi parlamentari si erano opposti ai suoi diktat ) vennero fomentate direttamente da Mosca creando focolai nelle repubbliche diventate indipendenti, per poter continuare ad influenzarne le loro politiche .
Il gioco, a cui hanno giocato dirimpetto anche ambienti oltranzisti filooccidentali , è andato avanti fino al parossismo, ma il revanscismo russo non è stato però il frutto di una decisione irrazionale ma l’effetto a distanza di un eredità autoritaria che non ha mai cessato di esistere.
La ricostruzione del russkiy mir , lo spazio vitale russo dal baltico al mar nero promessa da Putin dal 2007 e la cui accelerazione fu la sua famosa intervista al Financial Times nell’estate del 2019 , durante , guarda caso, la prima presidenza Trump:
L’ideale liberale e la tutela dei diritti umani ormai obsoleti , l’occidente sprofondato nel multiculturalismo e nel genderismo , l’annuncio di un nuova politica di potenza a favore degli autoritarismi orientali portatori di “valori” diversi e non assimilabili dall’occidente
Questo punto di svolta ha fatto del ritorno alla gloria sovietica e il ritorno alla eredità simbolica del passato la narrazione ideologica fondativa.
e rimuovere così il fallimento di un progetto politico epocale caduto sotto i colpi , ancora prima del macerie del muro di Berlino e della fine del patto di Varsavia, delle lunghe code della gente comune ai supermercati, mentre i potenti della nomenklatura di allora avevano accesso agli odiati consumi “occidentali” negati al popolo , in nome dei “valori” del socialismo
Oggi di quella apparato simbolico vi è necessità e ritorna una nostalgia propagandata ad arte di una età dell’oro mai esistita.
Su un dato sicuramente però la situazione era migliore: gli oppositori politici, giornalisti e intellettuali dissidenti, ai tempi di Breznev venivano mandati al confino ed esiliati, oggi vengono direttamente liquidati da sicari.
Mentre il culto della grande guerra patriottica e di alcune vere e proprie bugie ed omissioni storiche, che vengano riprese anche da ingenui storici occidentali , questi culti sono diventati la giustificazione essenziale della nuova politica militarista.
dove il futuro , come scrive Sergej Lebedev, il futuro è l’insieme delle cose che non devono accadere , le libertà la democrazie e i diritti umani le malattie da cui difendersi e chiunque le incarni diventa il nemico del popolo e della nazione , di staliniana memoria.
Infatti da allora , qualsiasi organizzazione, soggetto politico o stato ex sovietico nella pratica politica economica e culturale, abbia tentato di di decostruire quella narrazione o peggior ancora scegliere nel bene e nel male il proprio futuro politico indipendentemente dai voleri di Putin è diventato il male da eliminare.
e tutto questo , se si ha il coraggio di togliere il velo dalle retoriche e dalle propagande , fatto in difesa e per il mantenimento di un potere che dalla fine dell’Urss e diventata un economia semifeudale, dove gli oligarchi che hanno privatizzato lo stato e le sue risorse, gli apparati e clan , ai quali sia chiaro di Lenin e Stalin non importa nulla, hanno però bisogno della nostalgia politica del simbolismo del suo passato come mezzo per confermare il loro potere oggi.
Il nazionalismo aggressivo e militarizzato ha rappresentato la fase decadente finale dell’esperienza del comunismo reale e ne ha costituito la sua tomba, insieme ai molti che vi hanno creduto e per il quale hanno combattuto
Oggi in un momento in cui l’autoritarismo trumpiano sembra riconoscere il diritto di Putin al mantenimento delle sfere di influenza e di spazi imperiali, comunque finirà la guerra ucraina, i paesi e gli spazi ex sovietici dovranno vivere per generazioni con queste eredità e queste ferite
Nell’occidente europeo , con intensità diverse, molto estesa in italia , vi è ormai un disincanto per la democrazia che politicamente diventa indifferenza cinica per le sue sorti.
Perche e’ chiaro che se tutto , se ogni accadimento è interpretabile e riconducibile solo a complotto, a inganno, a menzogna dell’ establishment e del potere, come vuole l’antipolitica populista trionfante a destra e sinistra, allora nulla ha più valore.
Si inizia con l’inerzia, i dubbi , il non schierarsi nella difesa dell’ Ucraina e si finisce a giustificare e allinearsi alla deriva neo-autoritaria, ad organizzare imbarazzanti manifestazioni politiche contro l’unione europea, senza dire una parola contro Trump e Putin.
Il tutto frutto di un relativismo culturale dove si confonde il pacifismo con la resa all’invasore e l’abbandono delle vittime , dove ogni opzione politica è uguale all’altra , come se non avessimo una civilizzazione e una libertà da preservare, sistemi prassi e culture democratiche da salvaguardare.
Ma mentre “l’America” appare sempre più disinteressata se non ostile al futuro del continente, l’Unione Europea, che in prospettiva concluderà il suo processo di allargamento a Kyiv e ai Balcani occidentali sopravvissuti alle guerre jugoslave , dovrà darsi ora il coraggio storico epocale di diventare una reale potenza politica democratica e inclusiva ma ferma, assertiva e pronta a difendersi, per evitare di farsi travolgere da quella tempesta dell’Angelo di Benjamin, portando con sé solo un cumulo di rovine.
© Mauro Montalbetti | 2025

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