Senza nome, per molto tempo non ha avuto un nome, era l’indicibile , se ne parlava come lo sterminio degli ebrei , così titolava la versione italiana tradotta da Anna Maria Levi , sorella di Primo , del libro di Léon Poliakov del 1947 Bréviaire de la Haine , cronologicamente la prima opera in Italia che affrontava la questione.
Ma il nome per cui è universalmente nota dagli anni ottanta, Shoah ( termine ebraico biblico che significa catastrofe ) lo si deve principalmente alla diffusione dell’impressionante e imprescindibile opera documentaria Shoah , del regista francese Claude Lanzmann nel 1985, prendendo spunto dalla nome della giornata che Israele istituì nel 1951 per ricordare le vittime del genocidio nazista
Riconosciuta dalle Nazioni Unite nel 2005, da due anni la Giornata Internazionale della Memoria viene vissuta con difficoltà per le prevedibili anche se ingiuste imputazioni contro il mondo ebraico rispetto alla guerra in medio oriente e la condotta di Israele, accusato di crimini di guerra.
Un antisionismo legato alla aspre ma legittime critiche allo stato d’Israele, trasformatosi però in una nuova forma di antisemitismo e che rispetto alla Giornata della Memoria nasce anche da un equivoco
l’equivoco di una Giornata che negli anni è stata interpretata come la concessione di un momento di lutto cerimoniale per gli ebrei e le loro comunità, (da cui l’accusa oggi di dover render conto del comportamento di israele e di non aver imparato nulla dalla shoah ) ,
mentre avrebbe dovuto essere prima di tutto ricordo , stigma e monito per noi , eredi e discendenti della generazione che 80 anni fa la Shoah l’hanno perpetrata, tollerata , giustificata o chiuso gli occhi.
Si è parlato spesso di Shoah senza mettere al centro della riflessione in maniera sufficente il fatto che gli ebrei vennero sterminati per il solo fatto di essere ebrei , esito finale di una persecuzione millenaria
senza spiegare cosa è stata e cos’è tutto ora la natura profonda dell’antisemitismo, le sue radici storico culturali politiche;
senza analizzare le dinamiche di dominio, di servilismo imitativo , di sottomissione , di opportunismo verso il potere, tutti elementi che hanno costruito nella storia il consenso attorno a tutti gli autoritarismi violenti e genocidi
Ma nella odierna accusa alla genericità del mondo ebraico in tutto il mondo di aver tradito la lezione della Shoah si nasconde qualcosa di più profondo che riguarda noi tutti e la psicologia sociale contemporanea nel suo complesso, un riflesso inconscio
Prima di tutto l’ accusa di colpe collettive che poi ricadono su i popoli in quanto tali , e’ scivolosissimo ed è alla base dei piu’ retrivi sentimenti nazionalistici, violenti e criminogeni. Dovremo tutti prestare grande attenzione
Secondariamente lascia intendere ( e pensiamo anche ad un certo paternalismo razzista nei confronti dei migranti ) , che individui , collettività ,gruppi , vittime di violenza, di violazione di diritti ,persecuzioni, massacri di massa, è giusto e nobile che ricevano una sorta di tributo, il nostro mea culpa per quanto successo ,
salvo poi dover dimostrare di essersi meritati la sopravvivenza , la salvezza o il nostro aiuto
quasi che si possa essere riconosciuti come vittime ( e unicamente come vittime ) solo se si dimostra di essere buoni e giusti o lo si diventa, in caso contrario il credito di fiducia, il riconoscimento nei confronti degli oppressi e dei perseguitati viene ritirato
così il nostro sentimento autoassolutorio resta integro, mentre le cause che hanno prodotto e producono nelle nostre società i comportamenti persecutori e che riguarda tutti, le origini della violenza individuale e collettiva rimangono sullo sfondo come non detti, come rimossi, uno specchio di noi stessi la cui immagine distorta non si vuole vedere
Da qualche anno prima delle odierne stucchevoli polemiche, era già sorta una critica, che ha trovato riscontri anche in ambienti del mondo ebraico, a non trasformare la Shoah in una sorta di dogma sacralizzante fine a se stesso.
Se essa ha rappresentato un unicum , non sono mancati nel corso della seconda metà del novecento stermini e genocidi dalla Cambogia, alla Bosnia , al Rwanda.
Ricordiamo inoltre che la Shoah è stato definito genocidio alla luce di un concetto giuridico di genocidio, assunto dalle Nazioni Unite ed elaborato dall’avvocato ebreo polacco Raphael Lemkin nel 1944, proprio confrontando la Shoah ancora in atto con il genocidio armeno, e come tale può e deve essere analizzata nel confronto con gli altri genocidi del Novecento.
Come scrive oggi la storica Anna Foa molti sono oggi gli elementi che accomunano tra di loro i massacri di civili, massacri che proprio l’ elaborazione giuridica successiva alla Shoah ha cercato di arginare definendoli crimini e creando Tribunali volti a combatterli, un processo di diritto internazionale pubblico ora tradito e messo sotto accusa, in primis proprio da Israele.
Ma non e’ relativizzando la Shoah che otterremo giustizia dei civili innocenti palestinesi
Il 27 gennaio non è nato per risarcire gli ebrei – impossibile teoreticamente in sé- ma per conoscere la Shoah e per farne un tema che insegni anche a noi, che ne impedisca il ritorno in forme nuove.
Teniamo però presente un dato :
ben prima della guerra a gaza, in questi anni , in Italia e in Europa , rappresentanti, personalità della comunità ebraica e testimoni della Shoah, come Liliana Segre, sono sotto scorta,
sinagoghe e scuole e istituzioni delle comunità ebraica da decenni hanno presidi militari e di polizia all’ingresso, nessuna altra istituzione ,espressione, luogo di preghiera di altre minoranze religiose o culturali o nazionali in europa e in occidente vive questa condizione
Sono fatti , segni e simboli inequivocabili che qualcosa continua a non tornare, che l’antisemitismo rimane profondamente radicato nelle nostre società, come un fiume carsico che riemerge, un ombra dell’inconscio collettivo dell’occidente
ecco perchè rileggere oggi le conclusioni scritte da Primo Levi nel suo ultimo scritto, I Sommersi e i Salvati appaiono di una lucida , profetica e sconcertante attualità sulla quale non abbiamo nulla da aggiungere-
” L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei lager nazisti è estranea alle nuove generazioni d’occidente, e sempre più estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni.
Essi sono assillati dai problemi di oggi, diversi e urgenti: minaccia nucleare, disoccupazione, esaurimento delle risorse, le tecnologie che si rinnovano freneticamente a cui occorre adattarsi.
La configurazione del mondo è profondamente mutata, l’Europa non è più al centro del pianeta, gli imperi coloniali hanno ceduto la pressione dei popoli di Asia e d’Africa.
Si affaccia all’età adulta una generazione scettica, non priva di ideali ma di certezze , diffidente delle grandi verità rivelate, disposta invece ad accettare le verità piccole, mutevoli di mese in mese, sull’onda convulsa delle mode culturali, pilotate o selvagge.
Per noi parlare con i giovani è sempre più difficile, lo percepiamo come un dovere ed insieme come un rischio ; il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati
E’ avvenuto contro ogni previsione. E’ avvenuto in Europa; incredibilmente, è avvenuto che un intero popolo civile seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso: eppure Adolf Hitler è stato seguito ed osannato sino alla catastrofe.
Può accadere, e dappertutto. Non intendo ne’ posso dire che avverrà. E’ poco probabile che si verifichino di nuovo, simultaneamente, tutti i fattori che hanno scatenato la follia nazista, ma si profilano alcuni segni precursori : la violenza “utile” o “inutile” è sotto i nostri occhi
Pochi paesi possono essere garantiti immuni da una futura marea di violenza, generata da intolleranza, da libidine di potere, da ragioni economiche, da fanatismo religioso o politico , da attriti razziali.
Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno ad un tavolo , purché ci sia volontà buona e fiducia reciproca: o anche paura reciproca,
come sembra dimostrare l’attuale interminabile situazione di stallo, in cui le massime potenze si fronteggiano con viso cordiale o truce, ma non hanno ritegno a scatenare ( o a lasciare che si scatenino ) guerre sanguinose fra i loro “protetti” , inviando armi sofisticate ,spie, mercenari e consiglieri militari anziche ambasciatori di pace
Dopo il Gott mit uns nazista(Dio è con noi ) tutto è cambiato.
Ai bombardamenti aerei terroristici di Goring , hanno risposto i bombardamenti ” a tappeto ” alleati.
L’esodo di cervelli , insieme con la paura di un sorpasso da parte degli scienziati nazisti, ha partorito le bombe nucleari
I superstiti ebrei disperati, in fuga dall’ Europa dopo il gran naufragio , hanno creato in senso al mondo arabo un isola di civiltà occidentale, una portentosa palingenesi dell’ebraismo, ed il pretesto per un odio rinnovato.
Dopo la disfatta, la silenziosa diaspora nazista ha insegnato le arti della persecuzione e della tortura ai militari ed ai politici di una dozzina di paesi affacciati al mediterraneo, all’atlantico ed al pacifico
L’esempio hitleriano ha dimostrato in quale misura sia devastante una guerra combattuta nell’era industriale, anche senza che si faccia ricorso alle armi nucleari : nell’ultimo ventennio la sciagurata impresa vietnamita, il conflitto delle Falkland, la guerra Iraq/Iran, i fatti di Cambogia e dell’Afghanistan ne sono una conferma
Ci viene chiesto dai giovani tanto più spesso, tanto più insistentemente quanto più quel tempo si allontana, chi erano, di che stoffa erano fatti i nostri “aguzzini”.?
Il termine allude ai nostri ex custodi, alle SS, e a mio parere è improprio: fa pensare ad individui distorti , nati male, sadici , affetti da un vizio d’origine .
Invece erano fatti della nostra stessa stoffa, erano esseri umani medi , mediamente intelligenti, mediamente malvagi : salvo eccezioni non erano mostri, avevano il nostro viso , ma erano stati educati male.
Erano , in massima parte, gregari e funzionari rozzi e diligenti . alcuni fanaticamente convinti del verbo nazista , molti indifferenti , o paurosi di punizioni o desiderosi di far carriera o troppo obbedienti,
E’ accaduto e quindi può accadere di nuovo : questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.
Primo Levi – I sommersi e i salvati -1986
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